Qual è la soluzione migliore per integrare la nostra futura pensione obbligatoria INPS (ahimè alquanto magra)?
- Accumulare risorse durante gli anni di lavoro in un Fondo Pensione Complementare, che ci erogherà una rendita vitalizia quando saremo in pensione
oppure - Accumulare le stesse risorse in un proprio Portafoglio di investimento, da cui attingere la nostra rendita integrativa quando saremo in pensione
La questione è di quelle “da un milione di dollari”. E la risposta, lo dico subito, non è univoca.
L’unica certezza è che, in entrambi i casi, prima si cominciano a destinare risorse per questo scopo, meglio è. Non è mai troppo presto per decidere di investire per la nostra pensione!
Scegliere l’una o l’altra soluzione dipende da una serie di condizioni al contorno, sia di carattere oggettivo che soggettivo, che devono essere analizzate, valutate, pesate e prioritizzate tra loro.
Quasi tutte le specificità di ciascuna delle due soluzioni riguardano la fase di accumulo, quella in cui le nostre risorse vengono destinate all’uno o l’altro metodo di investimento. Ne riparleremo in successivi post.
Qui invece approfondiremo l’unica differenza sostanziale tra le due alternative che riguarda la fase di erogazione della rendita.
Differenza fondamentale, ma spesso assai sottovalutata nelle sue implicazioni di carattere psicologico ed emotivo: la tipologia di rendita che ci verrà erogata una volta in pensione.
Solo per il Fondo Pensione Complementare, infatti, la rendita sarà VITALIZIA.
In altri termini, solo il Fondo Pensione si prenderà in carico anche del cosiddetto “rischio longevità”, dandoci la certezza della rendita indipendente dall’età raggiunta.
E per il Portafoglio di investimento, invece? La rendita sarà garantita finché non si esauriscono i fondi investiti, evidentemente.
E come si fa ad essere sicuri di non finirli, finché siamo in vita? Eh, qui entra in scena l’acronimo “SWR”.
Vi dice qualcosa? No?! Tranquilli, è normale.
SWR è infatti uno dei tanti (troppi) acronimi da “nerd” della finanza (quale anch’io sono… però a tratti 😉) che sembrano fatti apposta per darsi un tono, e mettere in soggezione gli altri.
Letteralmente significa “Safe Withdrawal Rate”. In italiano: Tasso di Prelievo di Sicurezza.
Il SWR (“Safe Withdrawal Rate”, in italiano Tasso di Prelievo di Sicurezza) indica la percentuale di prelievo annuo che può sostenere un Portafoglio di investimento, con un rischio residuo molto basso (< 10%) che il capitale investito si esaurisca prima di 30 anni di prelievi.
Per maggiore chiarezza, riporto qui sotto la Tabella SWR pubblicata da Morningstar, prestigioso provider di servizi finanziari.
Facciamo un esempio pratico, per capire meglio come si utilizza la tabella SWR di Morningstar.
Ipotizziamo di aver accumulato negli anni un portafoglio di 300.000 €, investito per il 40% in strumenti azionari (in inglese “equity”), e per il restante 60% in strumenti obbligazionari (“bond” in inglese).
Un portafoglio di questo tipo, costruito secondo le migliori regole di efficienza, diversificazione e decorrelazione, si può definire “bilanciato-prudente”.
Ebbene, volendo sapere qual è il SWR di questo portafoglio, cioè il “tasso di prelievo annuo di sicurezza”, per una rendita di durata 30ennale, la tabella Morningstar ci restituisce il valore corrispondente (cifre evidenziate in giallo): 3,8%
In altri termini, dal nostro investimento di 300.000 € possiamo prelevare una rendita annua di 11.400 €, per i successivi 30 anni, con un rischio residuale inferiore al 10% di esaurire “le fonti” prima dello scadere dei trent’anni.
Mi sa che vi aspettavate una rendita annua maggiore, da un portafoglio di 300 mila euro, vero?
Eh già… i soldi sono come la terra: sembrano tanti quando sono cumulati, ma poi spariscono quando vengono “sparsi”, diluiti nel tempo. La buona notizia comunque è che ciò vale anche all’inverso! 😉
Ma torniamo a noi ed al nostro SWR. Si tratta di un livello di sicurezza sufficiente?
Andando in pensione a 68 anni (dobbiamo essere realisti), significa poter contare sulla rendita suddetta fino a ben 98 anni di età… niente male.
Basta questo per essere ragionevolmente tranquilli, e vivere sereni?
Stando ai numeri, ed essendo puramente razionali, si direbbe di sì.
E invece vi dico che non è affatto detto. Perché?
Perché prima o poi entra in gioco l’aspetto psicologico ed emotivo, che di fatto cambia tutto.
Immaginiamoci la situazione: siamo arrivati ad 88 anni, molto anziani certo… però ancora in buona salute. Siamo tra i fortunati, è vero. Purtroppo non è detto che vada così bene.
Ma non siamo certo persone da guinness dei primati, sia chiaro.
Ora immaginiamo di guardare al nostro portafoglio investito, quello dell’esempio sopra, che a suo tempo avevamo costruito per poter integrare la pensione INPS.
Da quando siamo andati in pensione, vent’anni fa, ci ha garantito la nostra bella rendita annua di 11.400 €, vitale per il nostro tenore di vita. Eh già.
Il fatto è che adesso, dopo 20 anni di prelievi, e magari pure un paio di ribassi significativi dei mercati finanziari, il nostro portafoglio si è decisamente assottigliato.
Ancora un po’ di fondi ci sono rimasti, però il fatto è che nessuno sa dirci PER CERTO quanto ancora potranno durare.
Esattamente come nessuno sa dirci quanto ancora vivremo noi (e vivaddìo!).
Ora ditemi: come vi sentite, che sensazioni provate, immedesimandovi in questa situazione?
Disagio, preoccupazione. Forse addirittura stress emotivo.
Il fatto è che arrivati a questo punto della nostra vita, non ci accontentiamo più che un po’ di fondi ci siano ancora. E neppure che qualcuno ci dica che “ragionevolmente” dovrebbero bastare.
Questo è il momento della vita in cui vogliamo dedicarci a godere delle cose che VERAMENTE contano per noi. Per gli aspetti materiali, vogliamo semplicemente sentirci tranquilli.
Forse adesso, con il senno di poi, pensate che a suo tempo sarebbe stato meglio optare un fondo pensione, l’unica soluzione che vi avrebbe garantito una rendita vitalizia?
Ecco, e qui siamo arrivati al punto sul quale volevo far riflettere.
Certo, nel racconto ci sono necessariamente semplificazioni. Le variabili sono molte, come anche le alternative possibili.
Ad esempio, si potrebbe ipotizzare anche di liquidare tutto il portafoglio (pagandoci le imposte sulle plusvalenze) e poi versare il capitale rimasto in un’assicurazione, in cambio una rendita vitalizia… che però sarebbe certamente ben inferiore al nostro precedente SWR.
Il fatto è che gli strumenti di investimento efficienti sono come i ferri del chirurgo: ce ne sono di molti diversi tipi. Ed ognuno è idoneo per certi scopi, ma non per altri.