Gli italiani, è cosa nota, amano molto gli immobili.
Per (quasi) tutti infatti, l’acquisto della casa di proprietà è uno dei più importanti traguardi di vita, da raggiungere il prima possibile, talvolta persino troppo presto, mi verrebbe da dire.
E dopo la prima, anche l’acquisto di una seconda casa per molte persone si trova in cima alla lista dei desideri.
Spesso l’idea è che con l’acquisto della seconda casa si riesca nell’impresa di “prendere due piccioni con una fava”: goderne a pieno per sé e per la propria famiglia, ed al contempo farne un investimento che accresce di valore nel tempo.
Ma è veramente così? Le seconde case acquistate per uso proprio esclusivo possono davvero considerarsi al contempo anche investimenti, o vanno piuttosto ascritte nelle voci di spesa?
Qui le opinioni si dividono. Chi ritiene che si tratti di investimenti, evidentemente confida nel fatto che la rivalutazione del valore commerciale nel lungo periodo superi le spese accessorie di acquisto (una tantum), e quelle di possesso e manutenzione (annuali).
I borsini dei prezzi immobiliari però ci dicono qualcosa di diverso.
Tale favorevole situazione infatti si verifica solamente in poche “piazze” di acquisto, dove i prezzi sono in forte crescita da molti anni, grazie ad una domanda consistente e superiore all’offerta. L’esempio forse più noto di “location favorevole” è la città di Milano, dove l’andamento dei prezzi fa storia a sé, nel contesto italiano.
Ma eccezion fatta per Milano città e poche altre selezionate località, nella maggior parte delle altre città italiane la situazione è assai diversa: il prezzo degli immobili infatti non cresce ormai da molti anni, come certificano ad esempio i dati ISTAT (vedi grafico relativo alle regioni del Centro Italia, con “base 100” nel 2015).
Dal 2010 al 2015 i prezzi degli immobili residenziali hanno visto un netto calo (oltre il -30%), e successivamente non si sono più ripresi, mantenendosi sostanzialmente invariati fino ad oggi.
Oltre a ciò, c’è un altro aspetto da considerare, spesso trascurato: il reale costo da sostenere per l’acquisto di un immobile è sempre maggiore del suo prezzo.
L’acquirente deve sostenere infatti molte voci di spesa accessorie, che si aggiungono al “mero” prezzo di vendita: dalle imposte, ai costi di agenzia, a quelli notarili.
Facciamo un esempio pratico: per l’acquisto della nostra seconda casa, ci siamo accordati con il venditore per 300.000 €. In realtà, a causa di tutti i costi accessori che gravano sull’acquisto, a questa cifra occorre aggiungere circa il 12% in più, pari a ben 37.000 € aggiuntivi (vedi tabella sotto).
In altri termini, fin da subito la casa si dovrebbe rivalutare del 12% (cosa estremamente difficile) solo per compensare tali spese accessorie di acquisto!
A questo poi si aggiungano le tasse annue di possesso (IMU, TASI e TARI), il costo di un’assicurazione danni, e le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria… queste ultime spesso trascurate perché (di solito) si manifestano solo dopo molti anni dall’acquisto… ma prima o poi arrivano!
Certo, si potrebbe ancora obiettare che l’andamento futuro dei prezzi non è noto oggi, e nel tempo potrebbe anche esserci un’inversione di tendenza con aumento significativo e duraturo dei prezzi.
La speranza è senz’altro legittima, oltre che comprensibile.
Tuttavia, lo dico subito, purtroppo è quantomeno improbabile che ciò accada.
In Italia sono infatti in atto da moltissimi anni due “macro trend” che si oppongono fortemente a tale scenario rialzista dei prezzi immobiliari:
1. REDDITI FERMI
Affinché i prezzi degli immobili residenziali si rivalutino nel tempo, occorre che il reddito pro capite dei potenziali acquirenti aumenti nello stesso arco temporale. In Italia invece il Pil pro capite reale (cioè al netto dell’inflazione) è sostanzialmente “inchiodato” da oltre 20 anni (vedi grafico sotto).
2. DEMOGRAFIA IN CONTRAZIONE
Per la legge di mercato, una spinta rialzista dei prezzi può esserci quando la domanda è superiore all’offerta. La demografia italiana invece ci indica chiaramente che nel prossimo futuro ci saranno sempre meno cittadini, cioè sempre meno potenziali acquirenti di immobili residenziali.
Il grafico ISTAT del Tasso di Natalità per mille abitanti parla chiaro: dal 2002 ad oggi la natalità italiana si è ridotta di oltre il 30%.
Per tutte queste evidenze, è ragionevole affermare che oggi, in Italia, l’acquisto di un immobile per il proprio godimento non è (quasi) mai anche un investimento.
Ed è con questa consapevolezza che è bene affrontare la fase decisione per l’acquisto della nostra seconda casa.
In un prossimo articolo andremo invece ad approfondire il caso in cui l’immobile venga comprato per essere poi “messo a reddito”, cioè affittato a terzi.